Siamo vicine a tutte le donne afghane.
La Consulta per le Pari Opportunità di Serravalle Scrivia è vicina a tutte le donne afghane e alle loro famiglie che in questo momento stanno vivendo momenti terribili e la cui condizione è tornata improvvisamente ad essere quella drammatica precedente la caduta del regime islamico nel 2001.
Data:
21 Agosto 2021

La Consulta per le Pari Opportunità di Serravalle Scrivia è vicina a tutte le donne afghane e alle loro famiglie che in questo momento stanno vivendo momenti terribili e la cui condizione è tornata improvvisamente ad essere quella drammatica precedente la caduta del regime islamico nel 2001. La condizione di queste donne è rappresentata dalla vicenda di Latifa Sharifi: avvocata di Hawca, storica associazione femminile afghana, aiutava le donne in fuga dalla violenza domestica a trovare un rifugio.
Domenica scorsa è stata respinta dall’aeroporto, dove si era recata insieme a suo marito e ai figli per lasciare l’Afghanistan e ora rischia la vita insieme alla sua famiglia. Questo è il suo appello: «Sanno chi sono. Sono un’avvocata che ha lottato contro i talebani dal 2009. Non mi preoccupo più solo per la mia vita, ma per i miei tre figli che meritano di vivere un’esistenza che non sia fatta solo di armi, cadaveri, sangue, abusi dei talebani su donne e bambini. Ho svolto il mio lavoro ogni giorno, sperando di fare la differenza nelle vite delle donne e dei bambini. Sfortunatamente oggi fuggo per cercare di salvare me stessa. Non ho un luogo dove andare. Non so se le mie parole vi raggiungeranno. Ma in tal caso, vi prego di aiutarmi». Una sua lettera alla sorella Atefa termina con queste parole: «La speranza non muore mai, ma quando le persone muoiono, muore con loro».
Le immagini qui sopra riproducono le opere di Shamsia Hassani, graffitista e professoressa di scultura all’Università di Kabul, che si è dedicata a denunciare la situazione dell’universo femminile in Afghanistan attraverso la street art. La capitale Kabul è piena delle sue opere, delle sue donne avvolte nel chador tradizionale, con strumenti musicali, immerse nei loro pensieri, con occhi socchiusi all’orrore della realtà che le circonda e il cuore che spicca il volo della libertà. L’obiettivo di Shamsia è insegnare alla donna a guardare se stessa e i suoi desideri, ad essere consapevole della propria forza interiore, a lottare perché qualcosa cambi. Nella sua ultima opera, pubblicata pochi giorni fa, c’è il vaso della “speranza” che cade, come nella parole di Latifa Sharifi. Ma non si rompe e il fragile fiore di soffione è ancora vivo. E noi speriamo con tutta la forza che non muoia, per Shamsia, per Latifa e per tutte le altre.
Per chi volesse contribuire a sostenere le donne afghane può farlo soprattutto donando ad alcune associazioni che operano nel Paese.
Pangea Onlus, un’organizzazione italiana che dal 2003 in Afghanistan aiuta donne povere nell’alfabetizzazione e fornendo loro anche microcrediti per iniziare un lavoro in proprio. Maggiori informazioni su come aiutare si trovano sul suo sito.
Un’altra associazione italiana è Nove Onlus, con sede a Roma, ma che lavora in Afghanistan dal 2012. Sta collaborando per l’apertura di un corridoio umanitario volto a far rientrare in sicurezza le persone maggiormente a rischio e le donne più esposte. Nove ha predisposto un programma di emergenza, da attivare appena possibile per la popolazione, con priorità agli sfollati privi di cibo, acqua e alloggio.
Women for Women International è un’organizzazione umanitaria senza scopo di lucro che fornisce supporto alle donne sopravvissute alla guerra, che stanno raccogliendo donazioni per aiutare le donne a trovare luoghi sicuri per incontrarsi e modi per rimanere in contatto.
Afghanaid è un ente di beneficenza britannico per lo sviluppo che assiste da quasi quarant’anni milioni di famiglie svantaggiate ed escluse in alcune delle comunità più povere e remote dell’Afghanistan. Hanno istituito una campagna per raccogliere fondi in relazione all’emergenza umanitaria di questi giorni.
Rukshana Media è un’organizzazione di notizie gestita da donne che prende il nome da una ragazza lapidata a morte dai talebani. Ha coperto l’invasione talebana fornendo notizie affidabili.
Women for Afghan Women, secondo quanto riporta il loro sito, è la più grande associazione di donne in Afghanistan. Anche loro raccolgono donazioni per continuare a lavorare nel Paese.
Si possono anche sostenere organizzazioni più grandi e che da tempo aiutano nei teatri delle crisi umanitarie come Unicef, Emergency e il Comitato Internazionale della Croce Rossa.
Inoltre, può essere utile fare pressioni, come singoli o tramite associazioni, per la creazione di corridoi umanitari e un aumento del numero dei rifugiati accolti. Adep sta dando sostegno legale agli afghani che vogliono chiedere asilo all’estero. L’organizzazione ha condiviso un documento con i requisiti e i percorsi per trasferirsi negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Canada. Qui sotto invece si può firmare una petizione su Change.org che ha l’obiettivo di raggiungere le 500.000 persone.
Immagine tratta dal sito www.today.it
Ultimo aggiornamento
28 Dicembre 2021, 11:14